Italiano a seguire
< You know when, at the cinema, before the film that you have actually gone to see, the “short film”, at times put there to please someone (who?), starts and which you couldn’t care less about? Well, I’m the same. Or are you familiar, if you go to film festivals, big or small, with when the only screening that you can get into (or, if you are not an accredited VIPs like me, the only one that you have been able to buy tickets for) is the one of the short films in the short film competition that nobody ever follows? I feel for you. You know when they say, “Even Martin Scorsese started from short films, so did Paul Thomas Anderson, and Sofia Coppola, and Tom, Dick and Harry” and you just want to answer, “Yes, that’s fine, but I don’t care, I want to see Goodfellas, and Phantom Thread and Lost in Translation, not the “B” films at the beginning?” So do I.
All this is to say that all of us – and by all of us I mean “all of us” – even the most stubborn cinephiles, even the most orthodox festival-goers, even the most tireless nerds – have a prejudice against short films. But then I was asked to take part in the selection of a short film festival. To tell you the truth, this already happened to me about twenty years ago, or near to that. A member of the jury of a short film competition in the province of Milan. A friend of mine dragged me into in and I accepted only because there was quite a good-looking guy (who obviously didn’t even give me a look; short films are very bad luck, see). Now that I am forty, I said to myself: do it, you’re grown up, try and make peace with short films once and for all.
The positive side is that this new festival – the Milanese MAX3MIN: Very Short Film Festival, of which Rolling Stone has been a travelling companion starting from the very first festival, in 2021 – only has short, up to three minutes long – films taking part. If a short film is very bad (like the majority of these sent for the selection), at least it’s over quickly. But, hear this, there are also some marvellous ones, so 3 minutes at times can seem too short and you would like more. I’ m not saying this out of self-promotion: there is a whole world out there which is very short and very beautiful.
Keep calm: I’ll never be the one who says “short is beautiful”. I’ll still be the one who grumbles about the short film before the main film, for the short films as a compulsory tax to be paid at festivals, for the short films by established directors celebrated as treasures not to be missed. However, in this new and unexpected role, I have understood one thing: that “short is everything.” Films can be short, obviously. But so are videoclips (which is no discovery, certainly not on these pages) and the whole of today’s culture. Our digital life, our reels, our attention span for anything that passes in front of us, sight, reading, everything, everywhere, all at once. A dance on TikTok or a live to learn how to make pizza is short. Everything is short and so perhaps it is worth dwelling on short culture at least for a little (the good thing is that the time to spend on it is really short).
So we will be starting this series of ideal encounters on short culture in Rolling Stone, feat. MAX3MIN, which aims at embracing all fields, everything that is short. And yes, we will also be talking about short films. What a pain, but great! >
by Mattia Carzaniga
< Avete presente quando al cinema, prima del film che siete andati a vedere, parte “il corto a caso”, a volte piazzato lì per far piacere a qualcuno (a chi?) e di cui in realtà non vi frega niente? Ecco, anch’io uguale. Avete in mente, se avete bazzicato i festivaloni o festivalini di cinema, quando l’unica proiezione che riuscite a infilare (o, se non siete degli accreditati di lusso come me, l’unica di cui riuscite ad agguantare i biglietti) è quella dei cortometraggi del concorso di cortometraggi che nessuno si fila mai? Vi sono vicino. Avete idea di quando vi dicono “Anche Martin Scorsese ha iniziato dai corti, e pure Paul Thomas Anderson, e Sofia Coppola, e Pinco, e Pallo” e voi vorreste solo replicare “Sì, va bene, ma che mi frega, io voglio vedere Quei bravi ragazzi, e Il filo nascosto, e Lost in Translation, mica i filmini degli inizi”? Me too.
Questo per dire che tutti – e per tutti intendo “tutti”: anche i cinefili più duri e puri, anche i festivalieri più ortodossi, anche i nerd indefessi – abbiamo un pregiudizio relativo ai cortometraggi. Poi però mi hanno chiesto di prendere parte alla selezione di un festival di cortometraggi. In realtà era successo già vent’anni fa, o poco meno. Giurato in un concorsino di corti della provincia di Milano. Un’amica mi tirò in mezzo, accettai solo perché c’era un tipo assai caruccio (che non mi cagò di striscio: i corti portano malissimo, visto?). Ora c’ho quarant’anni, mi son detto: fallo, sei grande, prova a pacificarti coi cortometraggi una volta per tutte.
Il lato positivo è che a questo nuovo festival – il milanese MAX3MIN: Very Short Film Festival, di cui Rolling Stone è compagno di viaggio a cominciare dalla primissima edizione, nel 2021 – partecipano solo corti di, appunto, massimo 3 minuti. Se un corto è bruttissimo (la maggior parte di quelli inviati per la selezione), almeno finisce in fretta. Ma, udite udite!, ce ne sono anche di meravigliosi, per cui 3 minuti a volte sembrano pochissimi, ne vorresti di più. E lo dico fuor di autopromozione: c’è un mondo, là fuori, che è cortissimo e bellissimo.
Tranquilli: non sarò mai quello che dirà “corto è bello”. Resterò quello che sbuffa per il corto prima del film, per i corti come tassa obbligatoria da pagare ai festival, per i corti d’autore celebrati come tesori imperdibili. Però, in questa nuova e inaspettata veste, ho capito una cosa: che “corto è tutto”. Lo possono essere i film, ovviamente. Ma lo sono i videoclip (il che non è certo una scoperta, non certo su queste pagine), e tutta la cultura d’oggigiorno. È “corta” la nostra vita digitale, i nostri reel, la nostra attenzione per qualsiasi cosa ci passi davanti, la visione, la lettura, everything, everywhere, all at once. È corto un balletto di TikTok e una diretta per imparare a fare la pizza. È corto tutto, e dunque sulla short culture è forse il caso di soffermarsi, almeno un po’ (il buono è che il tempo da spenderci è davvero poco).
Perciò su Rolling, feat. MAX3MIN, inizieremo questa serie di incontri ideali sulla short culture, che punta ad abbracciare tutti i campi, tutto quello che è corto. E sì, parleremo anche di cortometraggi. Che barba, che bello. >
di Mattia Carzaniga